lunedì 5 gennaio 2015

Capitoli da 11 a 15.




11


“Mi svegliai una notte in preda a dolori di stomaco lancinanti” mi disse. “Presi una pastiglia di Maalox e tornai a letto, ma il fastidio non si placava; stetti tutta la notte a contorcermi sotto le lenzuola. Mi venne in mente il mio ultimo libro… Nonostante il male sorridevo al pensiero che era stato appena pubblicato “Ulcera”, dove il protagonista doveva scrivere per attenuare i dolori di stomaco. In quel momento per me scrivere era l’ultima cosa a cui potevo pensare.
“Il giorno seguente gli spasimi parvero aumentare. Mi recai dal mio medico di base il quale mi prescrisse Antepsin e Motilex per due settimane, ma non ebbero alcun effetto e alla fine della cura stavo peggio di quando l’avevo iniziata. Così prenotai una visita da uno specialista. “Caro Bartezzaghi” mi disse il gastroenterologo dopo la prima visita, “sembrerebbe trattarsi di una gastrite, ma lo sapremo con certezza dopo aver fatto un’ecografia ed eventualmente una gastroscopia. Vede, gastrite è un termine generale che comprende numerosi disordini causati da vari eventi lesivi a carico della mucosa dello stomaco. Può essere localizzata in un’area ristretta o interessare tutto lo stomaco. Nel suo caso pare si sia presentata in forma di attacco acuto. Eccede per caso in cibo e alcolici?” Gli risposi che sì, ero sovente fare abuso di alcolici. “Bene” disse, “cominciamo con l’eliminare l’alcol: vedrà che con una semplice dieta associata a medicinali specifici, si sistemerà tutto.” Feci l’ecografia da cui non risultò niente di grave, seguii i consigli alimentari ed eliminai l’alcol, presi correttamente i farmaci che mi prescrisse il professore… Niente! Nessun miglioramento: il dolore diventava sempre più atroce. Feci la gastroscopia, e anche da quella non risultò niente di preoccupante. Ma io stavo sempre peggio.
“Quando l’infiammazione era iniziata, era localizzata nella parte superiore sinistra dell’addome, e come spesso accade nelle gastriti, il dolore – che definirei una sensazione di bruciore – si acutizzava lontano dai pasti. Dopo più di un mese di cure era tutto lo stomaco a… bruciare… pulsare… contorcersi… non saprei neanche definire quel dolore, a digiuno o a stomaco pieno. “E’ una gastrite molto subdola” sentenziò poco convinto il gastroenterologo dopo la quarta o quinta visita. Cambieremo cura farmacologia; lei intanto continui a seguire la dieta e a non bere alcolici.”
“A inizio ottobre stavo ancora molto male. Iniziavo a sospettare che se di gastrite si trattava, non era originata da un regime alimentare disordinato. Mi ero quasi convinto si trattasse di un malessere di natura nervosa. La notte del 3 ottobre mi misi a letto pronto per un’altra nottataccia da incubo, quando ad un certo punto il mio stomaco parlò!”



12


Saul mi spiegò che inizialmente pensava fosse un’allucinazione causata dal dolore o dalle troppe notti insonni; non ci mise molto a rendersi conto della realtà della situazione.
   “Per tutta la vita hai preso bastonate di varia natura e intensità senza mai reagire, tenendoti tutto dentro” gli stava dicendo quella voce. “Io sono il risultato dell’accumulo di traumi interori ed esteriori che hai subito. Li hai somatizzati ed ora eccomi qua!”
   Il famoso scrittore si era messo a sedere sul letto esterrefatto mentre osservava il proprio ventre. La voce continuò:
   “Oh povero Saul, com’è timido, fa quasi tenerezza! dicevano quando eri piccolo. Oh com’è buono, gentile e sempre educato Saul! quasi si meravigliavano quando eri più grandicello. Oh che persona perbene Saul! si complimentavano quando diventasti adulto. Da bambino prendevi botte da tuo padre in silenzio e a scuola non reagivi ai soprusi dei bulli, alle prese in giro dei compagni e agli sberleffi di certi professori. Quando l’estate lavoravi raccogliendo la frutta in campagna e successivamente quando hai lavorato all’estero, approfittavano di te perché non ti lamentavi mai. Avevi una sensibilità più unica che rara e ogni aggressione era un colpo terribile. Piano piano il rancore, la frustrazione, la sana rabbia che ogni essere umano ha dentro, si sono ammassati dentro di te senza trovare vie d’uscita. Lo stillicidio di ingiustizie – comprese quelle che vedevi nel mondo intero – ha fatto traboccare il vaso…”
   Saul provò a parlare, ma non ci riusciva. Allora continuò ad ascoltare incredulo il suo stomaco.
   “…Ti rendi conto che fino ad ora la tua ancora di salvezza è stata la scrittura? Se non ci fosse stata, quale valvola di sfogo avresti avuto? Il sesso? Il cibo? L’alcol? Le droghe? Tutta roba effimera Saul, tutta roba effimera! Non sarebbe servito a nulla. L’arte no che non è effimera, ma ormai hai superato il punto di non ritorno e non puoi più liberarti di me con l’arte, come hai fatto fare al protagonista del tuo recente “Ulcera”. Troppo dolore da diluire sulle pagine immacolate: non puoi farcela!”
   Scese dal letto, accese la luce della camera dell’appartamento di Pisa dove viveva e iniziò a camminare avanti e indietro, come in trance.
  “Pensavi di esserti liberato del marciume scrivendo e viaggiando? Maturando ed evolvendoti? Sognando e creando? Hai fatto male i conti allora. La parte infetta della tua anima, quella che la tua natura fragile ha arginato a fatica col tempo, è ancora qui. Lo capisci? Capisci che sono il latore di un messaggio? Riesci a interpretare il segnale? Gastrite! C’è solo un modo ormai per attenuare il fastidio della gastrite: devi vendicarti del male che ti hanno fatto. Lo so cosa pensi. Che la vendetta non serve a niente, anzi, fa entrare in una spirale di odio sempre più vorticosa… Vero! Ma il tempo dell’ Amore che può salvare gli individui e il mondo è bello che finito. Non te ne accorgi? La FINE del mondo è vicina perché l’uomo si è fatto sopraffare dal Male… L’uomo è egoista, cinico, cattivo, stupido, avido, insensibile, minuscolo… Se davvero sei rimasto uno dei pochi uomini che sanno di non sapere, non esimerti dal ruolo di vendicatore, di angelo della morte. Solo dopo la morte può rinascere la vita, una vita migliore. Tanta gente su questo misero orbe terracqueo merita solo di morire, quindi… uccidi! Vedrai come ci prenderai gusto. Uccidi, o io ti ucciderò trasformandomi in cancro!”
   Improvvisamente, come aveva cominciato, la voce tacque. Saul andò in bagno a guardarsi allo specchio. Aveva un aspetto terribile. Pensò che tra due giorni avrebbe avuto un intervento radiofonico a RTL 102.5: quale occasione migliore per annunciare il suo ritiro... La decisione era irrevocabile.
   “Basta scrivere” si disse. “E’ tempo di uccidere.”



13


Erano circa le 22. Quasi tre ore erano trascorse dall’inaspettato incontro con Saul. Ormai lo shock si era trasformato in uno stato di semincoscienza: ascoltavo il suo racconto – intervallato da digressioni sull’attualità, veri e propri voli pindarici se si considera il contesto di orrore in cui eravamo proiettati – come fossi in un ambiente onirico. Mi destai da quella condizione e lo interruppi:
   “Scusa Saul, ma devo telefonare a Barbara, la mia ragazza. Le avevo promesso che lo avrei fatto appena fossi arrivato a casa e ormai sono a casa da un po’…”
   “Ok, però non dire che sono qua. Non sono ricercato, ma voglio che questo tète-à-tète rimanga fra noi.”
   “Va bene, come vuoi.”
   Presi il cellulare dalla tasca della giacca che indossavo e chiamai Barbara. Mi scusai per non avere chiamato prima inventando una scusa banale e prima di riagganciare le dissi che la amavo.
   “Anch’io!” disse Saul.
   “Come?”
   “Sicuramente ti avrà risposto “anch’io!””
   “Sì, perché?”
   “Lascia perdere e ascoltami…”
   “Senti Saul!” lo interruppi bruscamente alzandomi in piedi. “Io potrei anche non aver voglia di ascoltare cos’hai combinato in questi anni. Sinceramente sono scioccato per quello che hai fatto e ho paura di sentire cos’hai ancora da dire. Mi fai paura tu! Non capisco cosa vuoi da me. Potrei andare alla polizia e spifferare di questa conversazione assurda. Potrei metterti nei casini…”
   “Ma non lo farai!”
   “Cosa te lo fa pensare?”
   “Primo, sai che devi ascoltarmi perché senti che è troppo importante quello che ti dirò. Secondo…” e qui tirò fuori da sotto il cuscino, dove lo aveva nascosto precedentemente, un vecchio revolver “… questo sembra un buon deterrente per non farti fare stupidaggini di cui potresti pentirti. Probabilmente contro di te non lo userei neanche se cercassi di chiamare la polizia, ma meglio non sfidare la sorte visto che hai davanti un pazzo omicida. Non credi?!”
   “Già!” sospirai.
   Mi rimisi a sedere e ripiombai in quello stato indefinibile in bilico tra curiosità morbosa e paura anestetizzata.
   “Perché non mi hanno mai preso?” proseguì. “Forse fortuna, elemento fondamentale nella vita di ogni singolo uomo. O forse sono stato scaltro nell’agire. Non saprei: io pensavo solo a sfamare la mia gastrite con il sacrificio umano per ingraziarmela e non essere tormentato dalla sua ira. Non premeditavo granché quando andavo ad ammazzare. Ho ucciso diverse persone che prese insieme si collegavano facilmente a me; se ci pensi, anche il più stupido dei detective sarebbe arrivato quantomeno a sospettarmi, ma non sono stato indagato finora. Difficile da spiegarsi. Può darsi che la fama mi abbia un po’ fatto da scudo, o magari il Male, padrone del mondo, mi ha protetto… E’ come se mi fossi affiliato alla sua potentissima setta e godessi di una sorta di immunità che mi consente di agire indisturbato.”
   “Hai mai rischiato di farti beccare?” chiesi.
   “No, però quando uccisi la seconda volta, per poco non mi beccò la vittima con un colpo di fucile.”



14


La seconda vittima di Saul si chiamava Furio Alfieri ed era il padre padrone dell’Editore Nuovo Autore di Milano.
   “La gastrite era magicamente guarita dopo aver ucciso Bartok.” disse. “Sembrava incredibile poter stare nuovamente bene, dormire la notte, mangiare e bere senza timore di gonfiori, bruciori, gorgoglii, fitte. La pace però durò appena un mese…”
   “Scusa se ti interrompo, non ho capito una cosa: era la voce a ordinarti di uccidere?”
   “No, la voce la sentii per la prima e unica volta quella notte maledetta. Era la gastrite silente che, esplodendo d’improvviso, annunciava che era ora di tornare alla vendetta.
“Come ti stavo dicendo, dopo un mese dal primo omicidio, dalle profondità del mio stomaco arrivò la chiamata… Andai a trovare Alfieri nella sua villetta di Segrate, nell’interland milanese. Sapeva chi ero anche se non si ricordava del mio libretto di poesie che aveva pubblicato la sua casa editrice nel ’92. Mi invitò a sedere nel salotto pregustando forse la possibilità di pubblicare qualcosa di mio, del famoso Bartezzaghi.”
   “Era solo in casa?”
   “Purtroppo c’era la moglie. Dovetti eliminare anche lei!”
   Ci fu un istante di silenzio, durante il quale Saul ripassò la scena quasi fosse un regista in cerca di quella piccolezza che sfugge, ma che si sa che c’è, che disturba, pur non vedendosi chiaramente.
   “Dopo qualche minuto di conversazione” riprese, “dove quel verme leccaculo mi disse che avrebbe pubblicato (ovviamente gratuitamente) qualsiasi cosa gli avessi consegnato, valutati i rischi, estrassi dalla cintura questo stesso revolver e gli sparai due colpi a bruciapelo. Alfieri cadde supino sul tappeto persiano. Subito mi precipitai dalla moglie che ci stava preparando un caffé in cucina. “Mi dispiace” le dissi prima di centrarla in fronte con una palla di piombo. Stetti qualche istante a contemplare il suo corpo senza vita, mentre riflettevo che noi uomini siamo come tessere di un puzzle: ci incastriamo l’un l’altro solo se siamo compatibili, se ci assomigliamo. Quindi quella donna era tutt’uno con il marito, così conclusi, e il senso di colpa sparì.”
   Altra breve pausa, subito interrotta dal prosieguo.
   “Tornai in salotto e vidi che il corpo di Furio Alfieri era sparito. Ebbi appena il tempo di alzare lo sguardo al mobiletto che avevo notato appena entrato, quello che conteneva i fucili da caccia, che un colpo partì. Lo sentii passare a un millimetro dal mio orecchio sinistro. Istintivamente sparai senza prendere la mira e colpii al cuore il vecchio editore.”
   Di Furio Alfieri non ricordavo la morte. A volte i giornali e i telegiornali decidono di dare risalto o meno a una notizia a seconda dell’inchiostro e dei metri di pellicola che hanno da spendere. Se c’è calma piatta in giro, anche la morte di un cane colpito da un fulmine diventa notizia da prima pagina. Evidentemente quella volta c’era in giro qualche dramma più succulento per i media…
   Saul comunque era stato abile - dopo aver fatto scempio del cadavere di Alfieri - a declassare l’evento da “caso Franzoni” (citando l’omicidio del bambino di Cogne) a “caso Chissenefrega”, mediaticamente parlando. Aveva infatti appiccato il fuoco alla villatta, la quale era esplosa occultando le prove di un omicidio terrificante che avrebbe tenuto milioni di italiani incollati al teleschermo e alle pagine di giornale.
   Assicuratosi della morte di Alfieri, gli aveva infilato un cappio al collo e aveva issato il corpo a una trave. Gli aveva piantato in testa un centinaio tra biro e matite che la vittima teneva nel portamatite del suo studio, tanto che, visto da lontano, sembrava indossare una grottesca parrucca da pagliaccio. Con un coltello trovato in cucina gli aveva squartato la pancia e con fegato, reni, intestino e interiora varie aveva modellato sul pavimento quella che sembrava una scultura di De Chirico. La moglie non la toccò.
   “Vuoi vedere le foto?”
   “Hai fatto delle foto?”
   “Certo! Non potevo permettere che il fuoco cancellasse una simile opera d’arte…”
   Dal tascone centrale della felpa che indossava tirò fuori una busta contenente un blocchetto di fotografie tenute insieme da un elastico. Mi passò la prima. La guardai e subito vomitai nel cestino per la carta che avevo di fianco.



15


Le braci riposavano sotto la cenere da cinque mesi ormai, quando una sera, mentre stava guardando alla tv una puntata di “Porta a Porta” che parlava di rapporti tra calciatori e veline, Saul ebbe un attacco feroce, tra i più dolorosi. Si trovava in un hotel di Roma dove stava trascorrendo alcuni giorni in visita alla città.
   “E adesso?!” si disse. “Chi cazzo ammazzo?”
   Si stese sul letto e cercò di pensare.
   Il giorno dopo era a Cascina, un comune in provincia di Pisa. Lì aveva la residenza un ex dentista in pensione che era stato assessore alla cultura del comune di Pisa nel 1998, anno in cui Saul gli aveva telefonato per chiedere se fosse stato possibile presentare “Se” nell’ambito della rassegna letteraria “Incontri sotto la Torre”, manifestazione culturale che si svolgeva ogni estate nel suggestivo scenario di Campo dei Miracoli. Oreste Fini – l’assessore – gli aveva risposto che prima avrebbe dato un’occhiata a “Se”, poi gli avrebbe fatto sapere…
   Saul richiamò tempo dopo cercando di sollecitare l’assessore, visto che l’estate stava terminando e con essa la rassegna. Questa volta Oreste Fini rispose poco educatamente che non aveva avuto tempo di leggere “Se”, ma poco importava, perché non gli interessava proporre un autore sconosciuto che avrebbe portato in piazza sì e no una cinquantina di persone. Saul riagganciò mortificato.
   La testa di Oreste Fini era infilata per una narice all’antenna della sua BMW, parcheggiata nel garage di casa. I denti gli erano stati estratti uno a uno con certosina pazienza e disposti sul cofano della macchina a formare un cuore. Il corpo era all’interno dell’abitacolo con la cintura allacciata e le mani sul volante. Al posto della testa mozzata era attaccata quella di Pimpi, l’amico di Winnie the Pooh, un peluche gigante che Fini avrebbe dovuto regalare alla sua nipotina.
   Mi passò la foto. Questa volta non vomitai, ma ebbi un conato di vomito che rimandai indietro attaccandomi alla seconda bottiglia di Pinot grigio.
   Anche in questo caso le tracce dell’opera dell’assassino vennero cancellate. Saul tagliò in vari pezzi il corpo dell’ex dentista, li mise in alcuni sacchetti neri della spazzatura e sotterrò tutto nel mezzo di una pineta a Tirrenia, sul litorale pisano.
   La foto successiva mostrava un’altra macabra “creazione”, corredata dalla divertita telecronaca del suo autore:
   “Un pomeriggio dell’agosto 2004, verso sera, stavo leggendo un libro su una panchina di un parchetto di Follonica: “Il giardino dei Finzi-Contini” per la precisione, quando a pochi metri da me una madre cominciò a picchiare selvaggiamente la figlioletta di nemmeno tre anni, credo perché aveva inavvertitamente fatto cadere il gelato appena comprato. Cercai di dirle qualcosa ma questa invasata mi rispose di farmi gli affari miei, che a educare sua figlia ci pensava lei. La gastrite mi aggredì!”
   Elisa Cicilli abitava a un centinaio di metri dal parchetto. Saul la seguì a casa e quando fu entrata suonò alla porta…
   Quelle tre foto – a differenza degli altri omicidi ne aveva con sé più di una – erano non meno raccapriccianti di quelle che già mi aveva mostrato. La donna era nuda, adagiata nella vasca da bagno con un asciugamano avvolto a mo’ di turbante in testa: la postura imitava quella del “Marat assassinato”, il dipinto di Jacques-Louis David. Nella mano destra stringeva un biberon riempito col suo stesso sangue; in quella sinistra un foglio su cui l’assassino aveva disegnato col sangue tanti piccoli omini in stile Keith Haring. I capezzoli erano stati tagliati e la vagina squartata con un coltello da cucina.

   Quando il marito rientrò in casa, prima di trovarsi di fronte la scena orripilante del bagno, trovò la figlioletta che dormiva come un angioletto nel suo lettino.

Nessun commento:

Posta un commento