lunedì 5 gennaio 2015

Capitoli da 16 a 20.




16


L’ultimo omicidio che Saul compì nel 2004, il sesto in totale, fu quello di uno zingaro, Thomas Macatovic, di quattordici anni appena. Il ragazzino aveva avuto la sciagurata idea di entrare nell’appartamento di Bartezzaghi, credendolo momentaneamente senza inquilino, e buttare all’aria la libreria alla ricerca di denaro o oggetti preziosi nascosti.
   La postilla è d’obbligo: per Saul Bartezzaghi non esiste al mondo cosa più sacra dei libri, e di conseguenza la sua libreria diventa oggetto di culto. Guai profanarla!
   Purtroppo per Thomas, quel tardo pomeriggio Saul era in bagno a godersi un momento di relax immerso nell’acqua bollente della vasca. Udì strani rumori nella stanza accanto e subito si infilò l’accappatoio, poi, lemme lemme socchiuse la porta; vedendo la profanazione perpetrata ai danni della sua inviolabile libreria, la gastrite – per sfortuna dello zingarello – lo stordì con uno spasmo violento.
   Massacrò di botte Macatovic con una mazza da baseball, poi mise il cadavere in una capiente borsa da viaggio, lo caricò in macchina e andò a gettarlo nell’Arno.
   Questa volta non si divertì a comporre macabre opere d’arte, né fece fotografie.
   Rientrato a casa, si mise subito a riordinare la libreria. Prese il primo libro che gli capitò tra le mani e lo sfogliò. Era di Charles Bukowski. Lesse a caso una frase: “L’anima dell’uomo ha radici nello stomaco.” Chiuse il libro e sorrise.



17


Prima di proseguire la discesa all’inferno, ordinammo un paio di pizze a domicilio. Saul mangiò commentando di tanto in tanto quanto fosse buona la sua salame piccante. Io mangiavo in silenzio una margherita, ormai completamente fagocitato dall’irrealtà della situazione, compresso in un limbo ansiogeno, anticamera di dedali luciferiani.
   Dopo l’omicidio di Elisa Cicilli si iniziò a parlare di mostro. I giornalisti avevano raggiunto la scena del delitto prima della polizia e ovviamente per le loro testate si era rivelata manna dal cielo. Gli inquirenti non poterono più nascondere i particolari come nel caso Bartok. Tra l’altro sul caso del professore di educazione fisica ucciso all’incirca un anno prima era trapelata qualche voce che smentiva il raptus da parte di un tossicodipendente colto in flagrante (come scrissero allora i giornali) come movente del delitto. Qualcuno insinuò esserci qualcosa di ben più contorto e misterioso sotto.
   Trasmissioni televisive, articoli di giornale, libri: tutti si sbizzarrivano con le loro teorie sulla mente malata che aveva potuto infliggere un tale scempio al corpo della Cicilli. La “Gazzetta del Tirreno” azzardò che probabilmente l’assassino aveva già ucciso in passato e chiedeva a gran voce che venisse fatta chiarezza sulla sorte di alcune persone scomparse di recente.
   I media sguazzarono nel loro truogolo di sangue nei primi mesi del 2005, anno che si aprì con un’escalation di morti.
   Il 15 gennaio don Mario Tosello, parroco di Pontremoli nella Lunigiana, venne trovato morto nel confessionale della chiesa di San Franceco. Era stato accoltellato al cuore e gli era stata infilata una manciata di ostie in bocca. Recentemente aveva partecipato a diverse trasmissioni televisive regionali ergendosi a paladino della morale. Saul lo aveva visto una sera su Rete Lucca 57, mentre con una foga e un astio che poco si addicevano al suo ruolo, si scagliava contro gay e lesbiche.
   “Malati!” diceva, anzi, gridava. “Gli omosessuali sono esseri degenerati che vanno curati; bisogna estirpare dai loro corpi le insane deviazioni che Satana gli ha inflitto. Ripeto: vanno curati! E non integrati nella società dei probi come fossero persone normali e rispettabili!”
   La gastrite in quel momento mandò il suo input…
   “Non hai infierito sul cadavere, come mai?” chiesi.
   “Non ero ispirato! Non ho nemmeno scattato foto. Sai, è importante creare solo quando ci si sente realmente ispirati. Io lo sento quando un’opera d’arte non è ispirata; un quadro, un libro, una canzone, un film… se l’autore fa tanto per fare, il fruitore dell’opera lo percepisce, almeno a livello inconscio. Ecco la differenza tra un artista e un artigiano: il primo crea tramite ispirazione – ovvero tramite quell’energia vitale che viene dagli abissi dell’anima – il secondo fa, perché qualcuno o qualcosa glielo impone. Imporre è un verbo che non ha niente a che vedere con Creare… Certi individui, come quel don Tosello, sono talmente insignificanti che smorzano ogni afflato.”
   Senza “corollari creativi” particolari uccise anche Benny Predappio e Carlone Diotaiuti.
Predappio era un giovane neonazista a capo di un movimento di estrema destra nota alle forze dell’ordine di Livorno e dintorni. Venne ucciso il 31 gennaio dopo un convegno con pochi adepti in un pub di Piombino. Lo trovarono i suoi compagni fuori dal locale, riverso sul selciato, freddato con cinque colpi di pistola.
   Carlone Diotaiuti invece era padrone di una fabbrica di prodotti chimici di Castelnuovo di Garfagnana. Era stato recentemente condannato a pagare una grossa multa per aver inquinato pesantemente le acque del fiume Serchio. Ad un tg nazionale, intervistato, aveva dichiarato:
   “Il profitto non può e non deve farsi frenare dai danni collaterali. L’imprenditore che si fa degli scrupoli non potrà mai arrivare lontano.”
   Diotaiuti morì strangolato nell’ufficio della sua fabbrica di Castelnuovo. Gli trovarono un pesciolino rosso dipinto di blu in bocca. Era il 13 febbraio.
   Di questi tre omicidi solo quello di Benny Predappio non venne attribuito al mostro, che nel frattempo – forse per la “composizione” davidiana del cadavere della Cicilli – era stato ribattezzato dai media il Pittore.
   “Sembravi esserti dato alla politica” buttai lì a mo’ di battuta.
   “Bisogna pur fare qualcosa per migliorare il mondo. Almeno provarci.”



18


A marzo Saul Bartezzaghi firmò gli ultimi due omicidi prima di prendersi una lunga vacanza.
   L’8 del mese Giampiero Moccolo, titolare della Scuola di Scrittura Creativa Salinger di Genova, esalò l’ultimo respiro nella sua mansarda di Nervi. Con perizia di scassinatore esperto Saul era entrato nella sua alcova e lo aveva aspettato tutto il giorno leggendo un libro di Alessandro Baricco, cosa che non aveva fatto altro che aumentargli i dolori di stomaco.
   Moccolo però non era rincasato solo, e questa volta Saul si era trattenuto dall’eliminare anche la compagna della vittima sacrificale: questa era una ragazzina, avrà avuto non più di vent’anni. Saul era nascosto dietro un separè piuttosto defilato, sistemato in un angolo buio della mansarda. Vide i due tirare di coca e fare sesso. Sentì il suo grosso membro inturgidirsi mentre la ragazza, così giovane, insultava Moccolo con porcherie da sguaiata veterana. Peccato che il Moccolo durò il tempo di due tiri di sigaretta.
   “Eiaculazione precoce” pensò Saul, “un’altra piaga di questa società frenetica!”
   Dopo un’oretta riempita con tiri di coca e discorsi futili, fecero nuovamente l’amore. Questa volta Moccolo resistette qualche colpo in più, ma la ragazza non parve granché soddisfatta della prestazione, tanto che subito dopo si rivestì e uscì lasciando il compagno nudo e strafatto tra i cuscini sistemati sul pavimento di moquette.
   “Finalmente soli” esordì Saul.
   “E tu chi cazzo sei?”
   “Sono Saul Bartezzaghi.”
   “Cazzo ci fai qua? Cazzo vuoi da me?”
   “Voglio che mi insegni la scrittura creativa!”
   Notando che l’intruso gli puntava una pistola contro, Moccolo cambiò il tono minaccioso che aveva istintivamente adottato e cercò di blandirlo…
   “Saul Bartezzaghi? L’autore di “Ulcera” e “Sbronze road”?”
   “In persona.”
   “Co… Cosa posso fare per te?”
   “Te l’ho già detto: voglio imparare scrittura creativa. Non so cosa significhi e mi piacerebbe capirlo.”
   “Non scherzare! Tu, il mitico Saul Bartezzaghi vorresti imparare scrittura creativa… Ma dai!...”
   “E’ da quando mi arrivò una lettera della Scuola di Scrittura Creativa Salinger, circa una decina d’anni fa, che mi chiedo cosa voglia dire e cosa sia una scuola di scrittura creativa. Spiegamelo.”
   Saul aveva tutto il tempo che voleva e si sorbì la spiegazione di Giampiero Moccolo, che ancora sedeva nudo tra i cuscini sparsi per terra.
   “Non ci ho capito un cazzo. Mica mi volevi prendere in giro?!”
   “No cosa dici, ero serissimo!”
   “Quanta gente avete truffato con la vostra scrittura creativa?”
   “Non capisco…”
   “Adesso ti faccio vedere io cos’è la creatività.”
   Detto questo gli sparò un colpo in pancia e mentre agonizzava a terra, lo finì soffocandolo con un libro di Aldo Busi premuto sulla faccia. Dopodichè con un trapano gli fece un grosso buco nella scatola cranica e lo riempì di acido muriatico. Con una graffettatrice gli sigillò il prepuzio e con la smerigliatrice gli consumò la cartilagine del naso fino all’osso. Sistemò poi il corpo nudo del povero capo della Scuola di Scrittura Creativa Salinger imitando la posa di un cadavere in un’illustrazione di Honoré Daumier.
   “Questa è creatività, altro che!” disse prima di andarsene.
   I carabinieri scoprirono il corpo il giorno dopo e i giornali sprecarono quintali di inchiostro per titoli a caratteri cubitali:

IL PITTORE UCCIDE ANCORA

IL MOSTRO COLPISCE IN LIGURIA

CHI FERMERA’ IL SERIAL KILLER ARTISTA?

L’ULTIMA TELA DEL PITTORE


   Non usarono titoloni invece per commentare l’omicidio del 19 marzo, dato che non venne attribuito al mostro. Saul infatti uccise “sobriamente” un pusher fuori dal “Pappafico”, una discoteca di Marina di Pisa. Lo accoltellò diverse volte dopo che si erano appartati facendogli credere che voleva comprare dell’ecstasy.
   “Caro Pippo” mi disse, “sai che sono a favore della liberalizzazione di tutte le droghe, ma quel bastardo aveva appena venduto quella merda a due ragazzine che potevano essere mie figlie.”
   Questo era Saul Bartezzaghi: un folle assassino con i suoi principi!



19


L’impatto che le imprese del Pittore ebbero sulla società furono immediatamente tangibili: la psicosi dilagò in tutta Italia, pur raggiungendo il suo acme in Toscana e Liguria. Se da un lato la paura del mostro rendeva sospettose, paranoiche e ansiose le persone, dall’altro si rivelò un business. Non a caso, dalla Versilia all’alto Lazio, si contarono in quel periodo una trentina di nuove attività (pizzerie, ristoranti, cinema, saloni di bellezza) il cui nome rimandava al temibile assassino: Pizzeria il Pittore, Osteria Budella & Sangue, Multisala Killer Painter, Salone Brivido, Pub Congrega degli Assassini, eccetera. Nonostante la macabra e criticabile scelta, tutti vennero almeno inizialmente ripagati dalla curiosità del pubblico.
   Intanto in televisione gli psichiatri acquistavano sempre più popolarità venendo ripetutamente invitati ai talk show e alle varie trasmissioni televisive. Persino i programmi di ricette culinarie facevano in modo di inserire un esperto che parlasse del Pittore. Intervistati da giornalisti eccitati dalla garanzia di ascolti record, luminari della psiche sottolineavano l’atipicità del mostro. Egli infatti non sembrava agire spinto da pulsioni sessuali; pareva piuttosto uccidere per un bisogno ancestrale insondabile. Inoltre, altro fatto inconsueto per un serial killer, non usava mettere la firma, lasciare una traccia, come invece fanno solitamente gli psicopatici che si sentono superintelligenti per sfidare la polizia e il mondo a prenderli.
   Gli inquirenti brancolavano nel buio. Nel frattempo Saul, il 2 aprile era partito per la Spagna.



20


“Ricordi che ti ho parlato di una ragazza spagnola con la quale ebbi una bellissima storia d’amore?” mi disse Saul.
   “Sì, ricordo.”
   “Eccola!”
   Le due foto che ora reggevano le mie mani tremanti ritraevano semplicemente un cuore, il cuore di un essere umano, il cuore di Begonia Salinas, ex grande amore di Saul.
   “Mi stai dicendo che l’hai uccisa e le hai strappato il cuore?”
   “Sì, l’ho strangolata e le ho strappato il cuore.”
   “Ma cosa… Cosa ti aveva fatto di male? In qualche modo le tue vittime avevano avuto il torto di ferirti, o ferire la tua idea di mondo migliore… Questa povera cristiana a cui hai tolto il cuore cosa…”
   “Aveva spezzato il mio, tanti anni fa. Ma prima lascia che ti spieghi una cosa. Ero ripartito per la Spagna con la speranza che tornando a viaggiare, ripercorrendo quei luoghi che avevo amato da giovane e visitandone dei nuovi, la gastrite non si sarebbe più fatta sentire. Lontano dall’Italia poi, lontano dalla gente che conoscevo, lontano dal marciume, ero quasi certo che non avrei dovuto più ammazzare nessuno. Purtroppo verso l’inizio di luglio ho commesso l’errore di voler passare per Valencia, dove avevo vissuto qualche mese e dove avevo conosciuto e amato Begonia. La curiosità mi spinse a cercare il suo indirizzo; volevo farle una sorpresa e vedere come se la passava. Dopo qualche ricerca rintracciai la sua residenza in un quartiere di case popolari: era divorziata, aveva un figlio piccolo e lavorava in un’agenzia turistica. Quando mi vide sull’uscio fu piacevolmente sorpresa e mi invitò in casa a vedere il suo Manolo, un bellissimo bimbo di un anno e mezzo, vispo e allegro. Rimasi a cena e Begonia mi raccontò della sua vita, abbastanza dura ma affrontata come aveva sempre fatto con il sorriso sulle labbra. Era stata sposata con il proprietario di un autosalone ma lo aveva lasciato quando si era accorta che i loro caratteri erano alquanto incompatibili. Manolo non era figlio del marito: non sapeva neppure lei di chi fosse figlio! Mi disse anche che aveva letto “Estòmago enfermo”, ovvero “Ulcera” tradotto da poco in spagnolo. Aveva seguito la mia carriera letteraria e ciò mi fece piacere.
“Ad un certo punto, dopo che Begonia aveva ricordato i momenti belli della nostra storia insieme, sentii il dolore crescere lentamente. Chiesi il permesso di andare in bagno e qui, fissando il mio volto nello specchio, implorai pietà. Per una volta. Scongiurai lo stomaco, la gastrite, la Voce, Dio, il diavolo… chiunque avesse la facoltà di risparmiarmi in quel momento: non volevo fare del male a Begonia, madre di quell’angioletto”
   “Scusa Saul, permettimi di dare voce a questa intuizione: per caso la tua storia con Begonia era finita a causa di un tradimento?”
   “Già, ottima intuizione. Avevo passato mesi indimenticabili, ero innamorato cotto e credevo lo fosse anche lei. Ma un giorno la sorpresi a letto con un tizio e la storia finì.”
   “Accusasti il colpo?”
   “Certo. Era la prima cosa bella che mi capitava nella vita. Il suo tradimento mi tramortì. Per fortuna c’era sempre il viaggio, l’unica speranza di salvezza che può avere un uomo…”
   “Che successe alla cena?”
   “Nulla. Tornai dal bagno preoccupatissimo. Ormai avevamo finito di mangiare e Manolo dormiva nel suo lettino. Pensai che forse se avessi fatto sesso, avrei sfogato così il mio dolore e la gastrite sarebbe passata. Sedemmo sul divano e… una parola tira l’altra, uno sguardo tira l’altro, una carezza tira l’altra… facemmo l’amore. Lo feci con una foga inusuale, tanto che Begonia mi chiese più volte di fare piano che le facevo male e poi potevo svegliare il bambino. Le venni in faccia, mentre con una mano le stringevo il collo. Le avevo fatto male e mi ero fatto ancor più male io. La gastrite era ancora lì. Iniziai a piangere. Lei mi abbracciò: mi sentivo un bambino abbandonato nel mondo che cercava solo un po’ di amore e comprensione. Mi rivestii e con una scusa me ne andai.
“Vagai per le strade di Valencia disperato, valutando il da farsi. Magari, pensavo, se ammazzo il primo stronzo che mi fa incazzare per strada, mi passerà tutto. Ma sapevo che quella gastrite era venuta a causa di Begonia, quindi se volevo stare bene dovevo uccidere Begonia. Ti giuro che per la prima volta pensai al suicidio, ma la voce silente si impadronì del mio cervello e io dovetti agire…”
   Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e si mise le mani nei capelli.
   “La mattina dopo l’andai a prendere all’agenzia viaggi” proseguì. “Aspettai che uscisse per la pausa pranzo e senza farmi troppo notare la invitai sulla mia macchina. Manolo era dai nonni come sempre quando lei lavorava. Con la scusa di un boccone insieme ci allontanammo. La portai nel cortile di una fabbrica abbandonata e… beh…”
   “Povero Manolo!”
   “Hai del whisky?”
   Per fortuna avevo del Jack Daniel. Bevemmo entrambi lunghe sorsate dalla bottiglia.
  


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