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L’ultimo omicidio che Saul compì
nel 2004, il sesto in totale, fu quello di uno zingaro, Thomas Macatovic, di
quattordici anni appena. Il ragazzino aveva avuto la sciagurata idea di entrare
nell’appartamento di Bartezzaghi, credendolo momentaneamente senza inquilino, e
buttare all’aria la libreria alla ricerca di denaro o oggetti preziosi
nascosti.
La postilla è d’obbligo: per Saul Bartezzaghi non esiste al mondo cosa
più sacra dei libri, e di conseguenza la sua libreria diventa oggetto di culto.
Guai profanarla!
Purtroppo per Thomas, quel tardo pomeriggio Saul era in bagno a godersi
un momento di relax immerso nell’acqua bollente della vasca. Udì strani rumori
nella stanza accanto e subito si infilò l’accappatoio, poi, lemme lemme
socchiuse la porta; vedendo la profanazione perpetrata ai danni della sua
inviolabile libreria, la gastrite – per sfortuna dello zingarello – lo stordì
con uno spasmo violento.
Massacrò di botte Macatovic con una mazza da baseball, poi mise il
cadavere in una capiente borsa da viaggio, lo caricò in macchina e andò a
gettarlo nell’Arno.
Questa volta non si divertì a comporre macabre opere d’arte, né fece
fotografie.
Rientrato a casa, si mise subito a riordinare la libreria. Prese il
primo libro che gli capitò tra le mani e lo sfogliò. Era di Charles Bukowski.
Lesse a caso una frase: “L’anima dell’uomo ha radici nello stomaco.” Chiuse il
libro e sorrise.
17
Prima di proseguire la discesa
all’inferno, ordinammo un paio di pizze a domicilio. Saul mangiò commentando di
tanto in tanto quanto fosse buona la sua salame piccante. Io mangiavo in
silenzio una margherita, ormai completamente fagocitato dall’irrealtà della
situazione, compresso in un limbo ansiogeno, anticamera di dedali luciferiani.
Dopo l’omicidio di Elisa Cicilli si iniziò a parlare di mostro. I
giornalisti avevano raggiunto la scena del delitto prima della polizia e
ovviamente per le loro testate si era rivelata manna dal cielo. Gli inquirenti
non poterono più nascondere i particolari come nel caso Bartok. Tra l’altro sul
caso del professore di educazione fisica ucciso all’incirca un anno prima era
trapelata qualche voce che smentiva il raptus da parte di un tossicodipendente
colto in flagrante (come scrissero allora i giornali) come movente del delitto.
Qualcuno insinuò esserci qualcosa di ben più contorto e misterioso sotto.
Trasmissioni televisive, articoli di giornale, libri: tutti si
sbizzarrivano con le loro teorie sulla mente malata che aveva potuto infliggere
un tale scempio al corpo della Cicilli. La “Gazzetta del Tirreno” azzardò che
probabilmente l’assassino aveva già ucciso in passato e chiedeva a gran voce
che venisse fatta chiarezza sulla sorte di alcune persone scomparse di recente.
I media sguazzarono nel loro truogolo di sangue nei primi mesi del 2005,
anno che si aprì con un’escalation di morti.
Il 15 gennaio don Mario Tosello, parroco di Pontremoli nella Lunigiana,
venne trovato morto nel confessionale della chiesa di San Franceco. Era stato
accoltellato al cuore e gli era stata infilata una manciata di ostie in bocca.
Recentemente aveva partecipato a diverse trasmissioni televisive regionali
ergendosi a paladino della morale. Saul lo aveva visto una sera su Rete Lucca
57, mentre con una foga e un astio che poco si addicevano al suo ruolo, si
scagliava contro gay e lesbiche.
“Malati!” diceva, anzi, gridava. “Gli omosessuali sono esseri degenerati
che vanno curati; bisogna estirpare dai loro corpi le insane deviazioni che
Satana gli ha inflitto. Ripeto: vanno curati! E non integrati nella società dei
probi come fossero persone normali e rispettabili!”
La gastrite in quel momento mandò il suo input…
“Non hai infierito sul cadavere, come mai?” chiesi.
“Non ero ispirato! Non ho nemmeno scattato foto. Sai, è importante
creare solo quando ci si sente realmente ispirati. Io lo sento quando un’opera d’arte non è ispirata; un quadro, un libro,
una canzone, un film… se l’autore fa tanto per fare, il fruitore dell’opera lo
percepisce, almeno a livello inconscio. Ecco la differenza tra un artista e un
artigiano: il primo crea tramite ispirazione – ovvero tramite quell’energia
vitale che viene dagli abissi dell’anima – il secondo fa, perché qualcuno o qualcosa glielo impone. Imporre è un verbo che non ha niente a che vedere con
Creare… Certi individui, come quel don Tosello, sono talmente insignificanti
che smorzano ogni afflato.”
Senza “corollari creativi” particolari uccise anche Benny Predappio e
Carlone Diotaiuti.
Predappio era un giovane
neonazista a capo di un movimento di estrema destra nota alle forze dell’ordine
di Livorno e dintorni. Venne ucciso il 31 gennaio dopo un convegno con pochi
adepti in un pub di Piombino. Lo trovarono i suoi compagni fuori dal locale,
riverso sul selciato, freddato con cinque colpi di pistola.
Carlone Diotaiuti invece era padrone di una fabbrica di prodotti chimici
di Castelnuovo di Garfagnana. Era stato recentemente condannato a pagare una
grossa multa per aver inquinato pesantemente le acque del fiume Serchio. Ad un
tg nazionale, intervistato, aveva dichiarato:
“Il profitto non può e non deve farsi frenare dai danni collaterali. L’imprenditore che si fa degli scrupoli non
potrà mai arrivare lontano.”
Diotaiuti morì strangolato nell’ufficio della sua fabbrica di
Castelnuovo. Gli trovarono un pesciolino rosso dipinto di blu in bocca. Era il
13 febbraio.
Di questi tre omicidi solo quello di Benny Predappio non venne
attribuito al mostro, che nel frattempo – forse per la “composizione” davidiana
del cadavere della Cicilli – era stato ribattezzato dai media il Pittore.
“Sembravi esserti dato alla politica” buttai lì a mo’ di battuta.
“Bisogna pur fare qualcosa per migliorare il mondo. Almeno provarci.”
18
A marzo Saul Bartezzaghi firmò
gli ultimi due omicidi prima di prendersi una lunga vacanza.
L’8 del mese Giampiero Moccolo, titolare della Scuola di Scrittura
Creativa Salinger di Genova, esalò l’ultimo respiro nella sua mansarda di
Nervi. Con perizia di scassinatore esperto Saul era entrato nella sua alcova e
lo aveva aspettato tutto il giorno leggendo un libro di Alessandro Baricco,
cosa che non aveva fatto altro che aumentargli i dolori di stomaco.
Moccolo però non era rincasato solo, e questa volta Saul si era
trattenuto dall’eliminare anche la compagna della vittima sacrificale: questa
era una ragazzina, avrà avuto non più di vent’anni. Saul era nascosto dietro un
separè piuttosto defilato, sistemato in un angolo buio della mansarda. Vide i
due tirare di coca e fare sesso. Sentì il suo grosso membro inturgidirsi mentre
la ragazza, così giovane, insultava Moccolo con porcherie da sguaiata veterana.
Peccato che il Moccolo durò il tempo di due tiri di sigaretta.
“Eiaculazione precoce” pensò Saul, “un’altra piaga di questa società
frenetica!”
Dopo un’oretta riempita con tiri di coca e discorsi futili, fecero
nuovamente l’amore. Questa volta Moccolo resistette qualche colpo in più, ma la
ragazza non parve granché soddisfatta della prestazione, tanto che subito dopo
si rivestì e uscì lasciando il compagno nudo e strafatto tra i cuscini
sistemati sul pavimento di moquette.
“Finalmente soli” esordì Saul.
“E tu chi cazzo sei?”
“Sono Saul Bartezzaghi.”
“Cazzo ci fai qua? Cazzo vuoi da me?”
“Voglio che mi insegni la scrittura creativa!”
Notando che l’intruso gli puntava una pistola contro, Moccolo cambiò il
tono minaccioso che aveva istintivamente adottato e cercò di blandirlo…
“Saul Bartezzaghi? L’autore di “Ulcera” e “Sbronze road”?”
“In persona.”
“Co… Cosa posso fare per te?”
“Te l’ho già detto: voglio imparare scrittura creativa. Non so cosa
significhi e mi piacerebbe capirlo.”
“Non scherzare! Tu, il mitico Saul Bartezzaghi vorresti imparare
scrittura creativa… Ma dai!...”
“E’ da quando mi arrivò una lettera della Scuola di Scrittura Creativa
Salinger, circa una decina d’anni fa, che mi chiedo cosa voglia dire e cosa sia
una scuola di scrittura creativa. Spiegamelo.”
Saul aveva tutto il tempo che voleva e si sorbì la spiegazione di
Giampiero Moccolo, che ancora sedeva nudo tra i cuscini sparsi per terra.
“Non ci ho capito un cazzo. Mica mi volevi prendere in giro?!”
“No cosa dici, ero serissimo!”
“Quanta gente avete truffato con la vostra scrittura creativa?”
“Non capisco…”
“Adesso ti faccio vedere io cos’è la creatività.”
Detto questo gli sparò un colpo in pancia e mentre agonizzava a terra,
lo finì soffocandolo con un libro di Aldo Busi premuto sulla faccia. Dopodichè
con un trapano gli fece un grosso buco nella scatola cranica e lo riempì di
acido muriatico. Con una graffettatrice gli sigillò il prepuzio e con la
smerigliatrice gli consumò la cartilagine del naso fino all’osso. Sistemò poi
il corpo nudo del povero capo della Scuola di Scrittura Creativa Salinger
imitando la posa di un cadavere in un’illustrazione di Honoré Daumier.
“Questa è creatività, altro che!” disse prima di andarsene.
I carabinieri scoprirono il corpo il giorno dopo e i giornali sprecarono
quintali di inchiostro per titoli a caratteri cubitali:
IL PITTORE
UCCIDE ANCORA
IL MOSTRO COLPISCE IN
LIGURIA
CHI
FERMERA’ IL SERIAL KILLER ARTISTA?
L’ULTIMA TELA DEL
PITTORE
Non usarono titoloni invece per commentare l’omicidio del 19 marzo, dato
che non venne attribuito al mostro. Saul infatti uccise “sobriamente” un pusher
fuori dal “Pappafico”, una discoteca di Marina di Pisa. Lo accoltellò diverse
volte dopo che si erano appartati facendogli credere che voleva comprare
dell’ecstasy.
“Caro Pippo” mi disse, “sai che sono a favore della liberalizzazione di
tutte le droghe, ma quel bastardo aveva appena venduto quella merda a due
ragazzine che potevano essere mie figlie.”
Questo era Saul Bartezzaghi: un folle assassino con i suoi principi!
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L’impatto che le imprese del
Pittore ebbero sulla società furono immediatamente tangibili: la psicosi dilagò
in tutta Italia, pur raggiungendo il suo acme in Toscana e Liguria. Se da un
lato la paura del mostro rendeva sospettose, paranoiche e ansiose le persone,
dall’altro si rivelò un business. Non a caso, dalla Versilia all’alto Lazio, si
contarono in quel periodo una trentina di nuove attività (pizzerie, ristoranti,
cinema, saloni di bellezza) il cui nome rimandava al temibile assassino:
Pizzeria il Pittore, Osteria Budella & Sangue, Multisala Killer Painter,
Salone Brivido, Pub Congrega degli Assassini, eccetera. Nonostante la macabra e
criticabile scelta, tutti vennero almeno inizialmente ripagati dalla curiosità
del pubblico.
Intanto in televisione gli psichiatri acquistavano sempre più popolarità
venendo ripetutamente invitati ai talk show e alle varie trasmissioni
televisive. Persino i programmi di ricette culinarie facevano in modo di
inserire un esperto che parlasse del Pittore. Intervistati da giornalisti
eccitati dalla garanzia di ascolti record, luminari della psiche sottolineavano
l’atipicità del mostro. Egli infatti non sembrava agire spinto da pulsioni
sessuali; pareva piuttosto uccidere per un bisogno ancestrale insondabile.
Inoltre, altro fatto inconsueto per un serial killer, non usava mettere la
firma, lasciare una traccia, come invece fanno solitamente gli psicopatici che
si sentono superintelligenti per sfidare la polizia e il mondo a prenderli.
Gli inquirenti brancolavano nel buio. Nel frattempo Saul, il 2 aprile
era partito per la Spagna.
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“Ricordi che ti ho parlato di una
ragazza spagnola con la quale ebbi una bellissima storia d’amore?” mi disse
Saul.
“Sì, ricordo.”
“Eccola!”
Le due foto che ora reggevano le mie mani tremanti ritraevano
semplicemente un cuore, il cuore di un essere umano, il cuore di Begonia
Salinas, ex grande amore di Saul.
“Mi stai dicendo che l’hai uccisa e le hai strappato il cuore?”
“Sì, l’ho strangolata e le ho strappato il cuore.”
“Ma cosa… Cosa ti aveva fatto di male? In qualche modo le tue vittime
avevano avuto il torto di ferirti, o ferire la tua idea di mondo migliore…
Questa povera cristiana a cui hai tolto il cuore cosa…”
“Aveva spezzato il mio, tanti anni fa. Ma prima lascia che ti spieghi
una cosa. Ero ripartito per la
Spagna con la speranza che tornando a viaggiare,
ripercorrendo quei luoghi che avevo amato da giovane e visitandone dei nuovi,
la gastrite non si sarebbe più fatta sentire. Lontano dall’Italia poi, lontano
dalla gente che conoscevo, lontano dal marciume, ero quasi certo che non avrei
dovuto più ammazzare nessuno. Purtroppo verso l’inizio di luglio ho commesso
l’errore di voler passare per Valencia, dove avevo vissuto qualche mese e dove
avevo conosciuto e amato Begonia. La curiosità mi spinse a cercare il suo
indirizzo; volevo farle una sorpresa e vedere come se la passava. Dopo qualche
ricerca rintracciai la sua residenza in un quartiere di case popolari: era
divorziata, aveva un figlio piccolo e lavorava in un’agenzia turistica. Quando
mi vide sull’uscio fu piacevolmente sorpresa e mi invitò in casa a vedere il
suo Manolo, un bellissimo bimbo di un anno e mezzo, vispo e allegro. Rimasi a
cena e Begonia mi raccontò della sua vita, abbastanza dura ma affrontata come
aveva sempre fatto con il sorriso sulle labbra. Era stata sposata con il
proprietario di un autosalone ma lo aveva lasciato quando si era accorta che i
loro caratteri erano alquanto incompatibili. Manolo non era figlio del marito:
non sapeva neppure lei di chi fosse figlio! Mi disse anche che aveva letto
“Estòmago enfermo”, ovvero “Ulcera” tradotto da poco in spagnolo. Aveva seguito
la mia carriera letteraria e ciò mi fece piacere.
“Ad un certo punto, dopo che
Begonia aveva ricordato i momenti belli della nostra storia insieme, sentii il
dolore crescere lentamente. Chiesi il permesso di andare in bagno e qui,
fissando il mio volto nello specchio, implorai pietà. Per una volta. Scongiurai
lo stomaco, la gastrite, la Voce ,
Dio, il diavolo… chiunque avesse la facoltà di risparmiarmi in quel momento:
non volevo fare del male a Begonia, madre di quell’angioletto”
“Scusa Saul, permettimi di dare voce a questa intuizione: per caso la
tua storia con Begonia era finita a causa di un tradimento?”
“Già, ottima intuizione. Avevo passato mesi indimenticabili, ero
innamorato cotto e credevo lo fosse anche lei. Ma un giorno la sorpresi a letto
con un tizio e la storia finì.”
“Accusasti il colpo?”
“Certo. Era la prima cosa bella che mi capitava nella vita. Il suo
tradimento mi tramortì. Per fortuna c’era sempre il viaggio, l’unica speranza
di salvezza che può avere un uomo…”
“Che successe alla cena?”
“Nulla. Tornai dal bagno preoccupatissimo. Ormai avevamo finito di
mangiare e Manolo dormiva nel suo lettino. Pensai che forse se avessi fatto
sesso, avrei sfogato così il mio dolore e la gastrite sarebbe passata. Sedemmo
sul divano e… una parola tira l’altra, uno sguardo tira l’altro, una carezza tira
l’altra… facemmo l’amore. Lo feci con una foga inusuale, tanto che Begonia mi
chiese più volte di fare piano che le facevo male e poi potevo svegliare il
bambino. Le venni in faccia, mentre con una mano le stringevo il collo. Le
avevo fatto male e mi ero fatto ancor più male io. La gastrite era ancora lì.
Iniziai a piangere. Lei mi abbracciò: mi sentivo un bambino abbandonato nel
mondo che cercava solo un po’ di amore e comprensione. Mi rivestii e con una
scusa me ne andai.
“Vagai per le strade di Valencia
disperato, valutando il da farsi. Magari, pensavo, se ammazzo il primo stronzo
che mi fa incazzare per strada, mi passerà tutto. Ma sapevo che quella gastrite era venuta a causa di Begonia, quindi se
volevo stare bene dovevo uccidere Begonia. Ti giuro che per la prima volta
pensai al suicidio, ma la voce silente
si impadronì del mio cervello e io dovetti agire…”
Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e si mise le mani nei capelli.
“La mattina dopo l’andai a prendere all’agenzia viaggi” proseguì. “Aspettai
che uscisse per la pausa pranzo e senza farmi troppo notare la invitai sulla
mia macchina. Manolo era dai nonni come sempre quando lei lavorava. Con la
scusa di un boccone insieme ci allontanammo. La portai nel cortile di una
fabbrica abbandonata e… beh…”
“Povero Manolo!”
“Hai del whisky?”
Per fortuna avevo del Jack Daniel. Bevemmo entrambi lunghe sorsate dalla
bottiglia.
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